Lanciatori e veicoli spaziali
SPERIMENTAZIONE AEROSPAZIALE
CIRA: ha superato i test nel Plasma Wind Tunnel un nuovo materiale composito ceramico concepito per la protezione termica dei velivoli durante la fase di rientro in atmosfera
10.08.2018
Testo dell’articolo
Plasma wind tunnel testing. Image credit: ESA/DLR
Presso il SCIROCCO Plasma Wind Tunnel (PWT) del Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (CIRA) si è conclusa con successo la campagna di prove per la qualifica del [C/SiC], un nuovo composito ceramico rinforzato concepito per la protezione termica dei velivoli durante la fase di rientro in atmosfera.
Sviluppato interamente dal CIRA in collaborazione con una società italiana specializzata nello sviluppo di compositi a matrice ceramica ad alte prestazioni nel settore automobilistico, il nuovo materiale può essere prodotto con un ciclo di manifattura rapido ed economico.
Le prove sono state eseguite su un dimostratore completo di flap, delle dimensioni di circa 400 mm x 300 mm, esposto per 10 min ad un flusso ipersonico ad alta entalpia rappresentativo delle condizioni di rientro da orbita bassa terrestre. Il componente ha raggiunto temperature di circa 1200° C senza mostrare segni di degrado. L’esito positivo ha dimostrato la capacità del materiale di resistere a fortissime sollecitazioni termiche e meccaniche in ambiente ossidante, confermando così la sua capacità di poter essere impiegato come protezione termica riutilizzabile.
Il successo delle prove, eseguite su un modello del flap che dovrà guidare il veicolo nella fase di volo ipersonico al rientro in atmosfera, dimostra che la nuova tecnologia è pronta per poter ambire ad essere utilizzata sul componente reale.
Questo risultato apre la strada all’affermazione dell’Italia nel settore dei sistemi di protezione termica strutturale anche nell’ambito dei futuri programmi dell’European Space Agency (ESA). Con il Programma Space Rider, l’ESA intende dotare l’Europa di un sistema di trasporto spaziale integrato con il nuovo lanciatore Vega C che consenta l’accesso ed il rientro dall’orbita terrestre in maniera economica, riutilizzabile e, soprattutto, indipendente per molteplici applicazioni spaziali.
Space Rider. Image credit: ESA
Rispetto alle recenti prove eseguite per conto della NASA, questo risultato, oltre a consentire la partecipazione italiana a prestigiosi programmi internazionali, grazie ai suoi impianti di prova unici al mondo, dimostra la capacità del CIRA di sviluppare interamente in Italia, in collaborazione con piccole e medie imprese altamente innovative, tecnologie competitive e strategiche.
Testo redatto su fonte CIRA del 19 aprile 2018
Per approfondimenti: SCIROCCO Plasma Wind Tunnel
Image credit: D. Ponseggi/NASA
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PROPULSIONE SPAZIALE
ESA: in vista del suo utilizzo sui lanciatori Vega-C e Ariane 6, verrà testato a breve il P120C, il più grande motore a razzo a propellente solido mai costruito in un unico blocco
13.07.2018
Testo dell’articolo
Verrà testato il prossimo 15 luglio nello spazioporto dell’European Space Agency (ESA) a Kourou (Guyana Francese) il P120C, il più grande motore a razzo a propellente solido mai costruito in un unico blocco. Sviluppato da Avio in collaborazione con Ariane Group, il P120C deriva dal motore P80 del primo stadio del lanciatore Vega-C. Come il suo predecessore, è dotato di un involucro strutturale in fibra di carbonio, e realizzato a partire da preimpregnati epossidici tramite processi di avvolgimento di filamenti e deposizione automatica di tessuti.
Tutti i componenti principali del motore sono già stati sottoposti a verifica separatamente e la prova di accensione fungerà da test per il motore completamente assemblato. Le informazioni che verranno raccolte durante il test dai sensori consentiranno agli ingegneri di confrontare i dati reali di circa 600 misure con quelli prodotti dai modelli numerici nei mesi scorsi.
Quando sarà pronto, il P120C sarà testato come primo stadio del lanciatore Vega-C nel 2019 e come booster (2 o 4) su Ariane 6 a partire dal 2020.
Principali caratteristiche
– Lunghezza del motore: 11,7 m
– Diametro: 3,4 m
– Massa del propellente: 143,6 t
– Massa del motore: 11.000 kg
– Massa dell’involucro: 8.300 kg
– Spinta massima: 4.615 kN
– Impulso specifico: 278,5 s
– Tempo di combustione: 132,8 s
Testo redatto su fonte ASI del 10 luglio 2018 e informazioni AVIO
Per approfondimenti sui lanciatori: Vega-C – Ariane 6 – Brochure: Ariane 6 & Vega-C
Images credit: ESA/CNES/ARIANESPACE (2018)
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PROPULSIONE SPAZIALE
GRAIL, progetto che, per l’accesso allo spazio, mira a fare funzionare i motori a razzo dei lanciatori con una nuova generazione di propellenti a ridotto impatto ambientale
17.10.2017
Testo dell’articolo
Il progetto europeo GRAIL (Green Advanced High Energy Propellants for Launchers), partendo dalla base della piramide di sviluppo tecnologico, prevede lo sparo di motori a razzo dimostratori della fattibilità di una nuova generazione di propellenti a ridotto impatto ambientale per l’accesso allo spazio. Il team di ricerca internazionale di GRAIL mira ad evolvere le attuali formulazioni con l’utilizzo di ingredienti che riducano l’emissione di acido cloridrico durante l’intera vita del motore.
Con un finanziamento di 3,1 milioni di euro dalla Comunità Europea nell’ambito del Programma Horizon 2020, il consorzio del progetto comprende istituti e aziende da Svezia, Francia, Germania e Italia. Il coordinamento è in capo al Swedish Defence Research Agency (FOI), mentre per l’Italia partecipano il Politecnico di Milano e Avio. Il gruppo del Politecnico di Milano coinvolto nel progetto è SPLab, il Laboratorio di Propulsione Aerospaziale del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali che da più di 40 anni si occupa di propulsione spaziale, di combustione nei motori a razzo, e di propellenti per lo spazio.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 13 ottobre 2017
Per approfondimenti: SPLab – Clean Space
Image credit: ESA-David Ducros, 2016
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VEICOLI SPAZIALI
A soli 2 mesi dal primo test, il razzo sub-orbitale New Shepard di Blue Origin supera i 100 km di altezza e il suo unico stadio atterra con successo in posizione verticale
25.01.2016
Testo dell’articolo
Con questo successo, dunque, Blue Origin non solo dimostra che il proprio veicolo può superare il confine dello Spazio (la linea di Karman a 100 km di altezza che convenzionalmente definisce la fine dell’atmosfera e l’inizio dello Spazio), ma anche che è ampiamente in grado far volare e atterrare un New Shepard già usato senza problemi. Una tecnologia ancora agli esordi, ma che sta già dando eccellenti risultati.
Diversamente dal razzo Falcon 9 della Space X, New Shepard è molto più piccolo e non è in grado di rilasciare satelliti in orbita o raggiungere l’International Space Station (ISS) che orbita ad oltre 400 km dalla Terra.
Testo redatto su fonte ASI del 25 gennaio 2016
Per approfondimenti: www.blueorigin.com
Image credit: Blue Origin, 2016
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VEICOLI SPAZIALI
Con il successo della missione IXV, l’Europa ha compiuto un altro fondamentale passo in avanti verso un accesso pienamente autonomo ed indipendente allo Spazio
11.02.2015
Testo dell’articolo
Dopo che VEGA ha portato in orbita la capsula fino a 320 km di quota, inserendola nella sua traiettoria suborbitale, l’IXV ha continuato a salire fino a 413 km, per poi cominciare a scendere verso la Terra raggiungendo la velocità massima di 7,5 km/s all’ingresso in atmosfera. Il segnale è stato nel frattempo via via raccolto dalle stazioni a Terra di Librevile e da quella di Malindi. Il modulo ha quindi diminuito gradualmente la velocità, e, a partire da 30 km di altezza, ha progressivamente aperto i 4 paracadute, per poi effettuare lo splash down a circa 4.600 km ad ovest delle coste della Colombia. L’IXV è stato quindi messo in sicurezza dalla Recovery Ship, la nave appositamente attrezzata per recuperare l’IXV (rimasto a galla grazie a quattro galleggianti) al termine del volo di prova.
Per il Presidente dell’ASI Roberto Battiston “si tratta di una missione storica, sia per l’Italia che per l’ESA: per la prima volta un velivolo europeo rientra nell’atmosfera terrestre: un primo passo verso lo sviluppo di future navicelle per il volo orbitale e suborbitale, che vede l’Italia al primo posto in Europa grazie ai contributi del sistema della ricerca (CIRA a Capua) e dell’industria nazionale (TAS-I a Torino)”.
Nello specifico, IXV è un veicolo spaziale sperimentale delle dimensioni di un automobile e un peso di circa 2 tonnellate, in grado di compiere un rientro atmosferico controllato dall’orbita terrestre bassa. Ha una forma non convenzionale, di un tipo definito “lifting-body”, caratterizzata da grande manovrabilità e aerodinamicità. Gli ultimi test sul veicolo, prima del lancio, erano stati effettuati negli stabilimenti Thales Alenia Space di Torino, dove sono state verificate tutte le strutture e i materiali. Il CIRA ha invece qualificato, attraverso una serie di prove tecniche, sia la stabilità di carico sia i sottosistemi di recupero e di galleggiamento.
L’elevata aerodinamicità che caratterizza l’IXV è ottenuta sfruttando la forma della fusoliera che massimizza la portanza e la manovrabilità. IXV è provvisto di un sistema di guida, navigazione e controllo ad alte prestazioni che utilizza superfici aerodinamiche controllate automaticamente ed ha in dotazione, uno scudo termico per sostenere le temperature elevate che si svilupperanno durante il rientro in atmosfera. I dati raccolti dal modulo saranno fondamentali per la progettazione e realizzazione dei futuri sistemi di rientro, ma anche per lo svolgimento di diverse attività nello spazio ‘vicino’, come ad esempio il recupero di detriti oppure il trasporto di rifornimenti e astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Testo redatto su fonte ASI dell’11 febbraio 2015
Per approfondimenti sulla missione dell’IXV:
www.asi.it/it/flash/accesso/ixv_intermediate_experimental_vehicle_0
www.esa.int/Our_Activities/Launchers/IXV
Image credit: ESA, 2015
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LANCIATORI SPAZIALI
Approvato dal Consiglio Ministeriale dell’ESA un programma pluriennale di sviluppo di una nuova generazione di lanciatori spaziali europei: Ariane 6 e VEGA-C
04.12.2014
Testo dell’articolo
Per il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Prof. Roberto Battiston “la Ministeriale ESA 2014 affrontava un programma strategico per i nuovi lanciatori per l’Europa: in questo contesto l’Italia con VEGA fornisce una competenza centrale per tutta la famiglia dei lanciatori Ariane e VEGA. Grazie al motore solido del P120 sviluppato da Avio a Colleferro e di derivazione dal P80. Passaggio, questo, fondamentale, per garantire l’accesso europeo alla spazio in modo competitivo e adatto alla situazione di evoluzione mondiale in rapido cambiamento. Abbiamo visto L’ESA al lavoro per rappresentare l’Europa che vogliamo e per mantenere tutte le potenzialità del vecchio continente alla frontiera della tecnologia. Lo sviluppo dei lanciatori è stato uno dei tre temi su cui i paesi membri hanno trovato, oggi, la definizione di un accordo strategico. Sul tavolo la continuazione dell’International Space Station (ISS) fino al 2017 con la prospettiva della continuità fino al 2020 e insieme al finanziamento della missione 2018 del programma ExoMars. Un elemento, questo, che garantisce lo sviluppo delle strumentazioni senza ritardi sui piani previsti per la missione europea su Marte, un programma di cui l’Italia è leader”.
Il secondo traguardo raggiunto dall’Italia riguarda il programma di esplorazione di Marte Exomars che è la prosecuzione naturale dell’esplorazione lontana, dopo il programma Rosetta. Con le sottoscrizioni, in particolare da parte della Gran Bretagna con la quale abbiamo registrato una forte condivisione di obiettivi e responsabilità, il programma raggiunge la soglia necessaria per proseguire. Molto importanti sono anche stati gli impegni di Francia, Spagna e Germania.
Un altro importante impegno italiano ha riguardato la prosecuzione delle attività relative all’ISS. L’Italia ha, infatti, deciso di aumentare il proprio contributo ritenendo importante sostenere l’ISS come infrastruttura unica per le attività di ricerca che potranno essere realizzate in particolare anche da astronauti italiani. Da sottolineare anche la sottoscrizione italiana alla seconda fase del periodo 3 del programma Copernicus space component per garantire la partecipazione del nostro paese alle missioni Sentinella 5 e Jason CS e agli studi della futura generazione di Copernicus.
Un ultimo significativo passo fondamentale per l’Italia è stata la sottoscrizione da parte di importanti paesi (Francia, Spagna, UK e Svezia) del Programma PRIDE, che prevede lo sviluppo di tecnologie per i veicoli spaziali automatici con capacità di rientro sulla terra. Questo programma, fortemente voluto da parte italiana, raccoglie l’heritage del progetto IXV a guida italiana che sarà lanciato a febbraio 2015 con il lanciatore VEGA.
Testo redatto su fonte ASI del 2 dicembre 2014
Image credit: ESA–D. Ducros, 2014
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LANCIATORI SPAZIALI
ELV fornirà ad Arianespace 10 lanciatori VEGA, il razzo dell’ESA concepito per portare in orbita bassa piccoli satelliti per scopi istituzionali, scientifici ed ambientali
31.10.2014
Testo dell’articolo
Con queste caratteristiche VEGA soddisfa appieno le esigenze delle Istituzioni e dei Governi europei, ma, allo stesso tempo, è di grande interesse per il mercato globale. Per il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Prof. Roberto Battiston, VEGA rappresenta una eccellenza tecnologica italiana e la firma del contratto rappresenta la dimostrazione dei ritorni industriali nel settore spaziale che seguono anni di investimenti in personale ed infrastrutture di alta tecnologia. Secondo Battiston è la dimostrazione della presenza e capacità dell’industria italiana che permette all’Europa di primeggiare in un settore fortemente competitivo come quello dei lanciatori.
In questa fase di industrializzazione, Arianespace è l’operatore del sistema di lancio per il VEGA, e ne assicura la commercializzazione e la responsabilità delle operazioni di lancio. VEGA si affianca al lanciatore pesante Ariane 5 ed al lanciatore medio Soyuz nell’ambito della gamma dei lanciatori di Arianespace presso il Centro Spaziale Guyanese, Porto Spaziale dell’Europa. ELV è una partecipazione pubblico-privata del Gruppo AVIO (70%) e dell’Agenzia Spaziale Italiana (30%), localizzata a Colleferro, ed è responsabile industriale del lanciatore VEGA.
Testo redatto su fonte ASI del 29 ottobre 2014
Image credit: ESA-J. Huart, 2012
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VEICOLI SPAZIALI
Dopo una missione di 672 giorni di permanenza in orbita, è atterrato in California l’X-37B OTV-1, il veicolo sperimentale di rientro senza equipaggio dell’U.S. Air Force
16.10.2014
Testo dell’articolo
Il primo veicolo, OTV-1, è stato lanciato il 22 aprile 2010 ed è atterrato, dopo 224 giorni in orbita, il 3 dicembre 2010. La sua missione era quella di dimostrare la capacità di condurre operazioni di lunga durata e di aiutare gli scienziati a capire gli effetti di una prolungata permanenza nello spazio sulle componenti del sistema, come struttura e payload. Il successo del primo volo ha incluso raggiungimento dell’orbita, de-orbiting e rientro sulla Terra.
Il secondo veicolo, OTV-2, è stato lanciato il 5 marzo 2011 ed è atterrato il 16 giugno 2012, dopo 469 giorni di missione.
Per l’astronauta italiano Roberto Vittori, il futuro del trasporto è destinato a passare rapidamente dalla fascia aeronautica a quella aerospaziale, dipendendo in maniera sempre più forte dai sistemi in grado di operare nello spazio e nella fascia aerospaziale, per poi fare ritorno di precisione a terra.
L’interesse per progetti simili all’X-37B è molto vivo anche in Europa: l’imminente lancio di IXV (Intermediate eXperimental Vehicle), il veicolo di rientro atmosferico dell’ESA, al cui progetto l’Italia partecipa, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), con un contributo determinante, rappresenta un primo passo per la costruzione dei sistemi di rientro futuri e per l’approvvigionamento degli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Testo redatto su fonte ASI del 15 ottobre 2014 – Per approfondimenti: www.af.mil
Image credit: U.S. Air Force
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VEICOLI SPAZIALI
L’IXV (Intermediate eXperimental Vehicle), il dimostratore di rientro atmosferico dell’ESA, si prepara al lancio, previsto a metà novembre, a bordo del lanciatore europeo VEGA
25.09.2014
Testo dell’articolo
La missione durerà complessivamente 1 ora e 40 minuti. Alla quota di 320 km l’IXV si separerà dal razzo VEGA, continuando a salire fino a 412 km, per inserirsi quindi in una traiettoria sub-orbitale. Poi comincerà la fase di discesa e la velocità prevista di ingresso nell’atmosfera, alla quota di 120 km, sarà di 7,7 km/s, quindi avverrà l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico. Durante l’intera fase di rientro gli strumenti a bordo della capsula, con i 300 sensori di cui è dotata l’IXV, acquisiranno dati tecnici che saranno utilizzati per progettare e costruire i veicoli spaziali europei di nuova generazione in grado di rientrare a Terra.
La capsula è dotata di sofisticati sistemi per il controllo della navigazione e dell’aerodinamica durante il rientro in atmosfera, oltre ad uno scudo termico protettivo che la proteggerà dalle alte temperature. I test sull’IXV sono stati condotti in estate nel Centro tecnico dell’ESA (Estec) in Olanda, a Noordwijk, mentre l’integrazione è avvenuta in Italia, presso gli stabilimenti della Thales Alenia Space (Thales-Finmeccanica). L’azienda è responsabile del progetto e delle fasi di sviluppo, integrazione e prova del veicolo, e guida un consorzio formato dalle principali industrie europee, centri di ricerca e università.
Di primo piano il ruolo che nel progetto ha l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Sarà in Italia anche il Mission Control Center, sviluppato e allestito presso l’ALTEC (Advanced Logistics Technology Engineering Centre) di Torino, dove i tecnici seguiranno in tempo reale la missione, coordinando le stazioni di terra fisse (Libreville in Gabon and Malindi in Kenya) durante il volo e le operazioni navali di recupero dopo l’ammaraggio.
Testo redatto su fonte Thales Alenia Space del 24 settembre 2014
Image credit: ESA/J.Huart
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LANCIATORI SPAZIALI
Ariane V porta in orbita ATV-5, l’ultimo modulo da trasporto ESA che porterà alla ISS rifornimenti per l’equipaggio e strumentazione per la ricerca scientifica
31.07.2014
Testo dell’articolo
A bordo il più grande carico mai trasportato finora sulla ISS: 6,6 tonnellate di materiali, di cui 2.620 kg di carico solido. Il veicolo spaziale europeo, che porta in nome dell’astronomo e cosmologo belga Georges Lemaître, rifornirà la crew della ISS di cibo, acqua, ossigeno e attrezzature di ricerca. Tra queste, diversi componenti destinati al levitatore elettromagnetico, un’apparecchiatura che consente la fusione e la solidificazione dei metalli in assenza di gravità.
Nei sei mesi in cui resterà agganciato al laboratorio orbitante l’ATV dovrà inoltre correggere la posizione orbitale della ISS. Al termine della missione la capsula con alcune tonnellate di rifiuti a bordo, verrà staccata e si distruggerà durante il volo di rientro a contatto con l’atmosfera. Gli ultimi momenti di vita dell’ATV Georges Lemaître saranno ripresi da una speciale telecamera dotata di una sfera protettiva in grado di preservare il dispositivo dalle alte temperature prodotte durante lo schianto.
Le ATV sono navette costruite tutte tra Germania e Italia, dalle aziende Eads Astrium e Thales Alenia Space. Dopo le navette Jules Verne (2008), Johannes Kepler (2011), Edoardo Amaldi (2012) e Albert Einstein (2013), quella intitolata a Georges Lemaître chiude il poker di veicoli europei dedicati al trasporto di materiale di rifornimento per la ISS: l’ESA infatti ha deciso di indirizzare i propri investimenti verso lo sviluppo del modulo di servizio della nuova capsula Orion della NASA.
Per il Presidente dell’ASI (Agenzia Spaziale Italiana), Roberto Battiston, il lancio del quinto ATV, rappresenta un altro successo dell’attività spaziale europea, e l’Italia vi ha partecipato in modo determinante sia alla realizzazione del modulo ATV, con Thales-Alenia Spazio, sia dei propulsori a solido con AVIO. Secondo Battiston l’esperienza accumulata in questi anni sarà fondamentale per lo sviluppo dei nuovi lanciatori e moduli per l’esplorazione planetaria del futuro.
Testo redatto su fonte ASI del 30 luglio 2014
Image credit: ASI
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PROPULSIONE SPAZIALE
PulCheR, progetto di un innovativo propulsore aerospaziale ad impulsi che si ispira alla natura: userà un propellente ecologico ma manterrà elevate le proprie prestazioni
24.07.2014
Testo dell’articolo
I ricercatori si sono ispirati al coleottero bombardiere, un insetto che per difendersi espelle ad intermittenza una miscela bollente che deriva dalla decomposizione dell’acqua ossigenata. Dall’idea iniziale alle prove in laboratorio è stato collaudato con successo un catalizzatore a base di platino per la decomposizione del perossido di idrogeno ad alta concentrazione HTP (High Test Peroxide) che servirà da propellente nell’innovativo propulsore aerospaziale ad impulsi. Il catalizzatore è una parte fondamentale del propulsore poiché permette di sfruttare il perossido di idrogeno al 98% come propellente, accelerando la sua decomposizione ad acqua e ossigeno.
Realizzato da Daniela Belli, Luca Labella, Simona Samaritani e Sara Dolci dell’Università di Pisa, con la collaborazione di Lucio Torre, Angelo Pasini e Giovanni Pace di ALTA S.p.A., lo sviluppo del catalizzatore ha attraversato diverse fasi: dalla progettazione del sistema catalitico, alla caratterizzazione della superficie del catalizzatore mediante microscopia elettronica SEM-EDS, fino alle prove di efficienza catalitica e resistenza termomeccanica eseguite presso ALTA S.p.A. su banchi di prova appositamente ideati. La scelta del platino come elemento catalitico, opportunamente supportato su materiali con elevata resistenza termo-meccanica è risultata vincente. La prova è stata condotta integrando il catalizzatore in un prototipo di propulsore monopropellente sviluppato in precedenza da Alta S.p.A. ed effettuando una serie di spari stazionari. Il passo successivo del progetto sarà la realizzazione del propulsore pulsato e l’ottimizzazione del letto catalitico.
Testo redatto su fonte Università di Pisa del 22 luglio 2014
Per approfondimenti: www.alta-space.com/pulcher
Image credit: UNIPI/ALTA
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ABITARE LO SPAZIO
Lanciato con successo il terzo modulo cargo “Cygnus”: porterà rifornimenti, ricambi e materiale per gli esperimenti scientifici alla Stazione Spaziale Internazionale
15.07.2014
Testo dell’articolo
La navicella Cygnus, dopo una navigazione di meno di 4 giorni, sarà catturata dal braccio robotico della Stazione Spaziale e agganciata alla porta Nadir del Nodo 2, altro elemento costruito da Thales Alenia Space. Dopo circa 30 giorni di permanenza alla Stazione, periodo nel quale i circa 1.650 kg di carico utile saranno scaricati e sostituiti con materiali di cui la stazione deve liberarsi, il veicolo completerà la sua missione sganciandosi e disintegrandosi al rientro in atmosfera. La missione sarà supportata da un team congiunto Thales Alenia Space e Altec che risiederà nel Mission Support Center di Altec a Torino.
Thales Alenia Space in partnership con Orbital Sciences Corporation fornirà in totale 9 moduli pressurizzati destinati al trasporto cargo – rifornimenti per l’equipaggio, ricambi ed esperimenti scientifici – per la Stazione Spaziale Internazionale nell’ambito dell’iniziativa di commercializzazione del servizio di trasporto cargo. Le unità in configurazione ”standard”, capaci di trasportare sino a 2.000 kg di cargo saranno in totale 4 e 5 invece quelle in configurazione “enhanced”, con una capacità di trasporto maggiorata fino a 2.700 kg. Basati sull’esperienza trentennale nel campo delle infrastrutture e dei sistemi di trasporto, i Cygnus PCMs, si fondano sulle competenze e capacità acquisite grazie ai precedenti e analoghi programmi sviluppati da Thales Alenia Space per la Stazione Spaziale Internazionale, come la mini-flotta di MPLM (Multi-Purpose Logistics Module), realizzati su contratto dell’Agenzia Spaziale Italiana e gli ATV (Automated Transfer Vehicle) Cargo Carrier, realizzati da Thales Alenia Space per l’European Space Agency (ESA).
Testo redatto su fonte FINMECCANICA del 15 luglio 2014
Image credit: Thales Alenia Space
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PROPULSIONE SPAZIALE
Sono stati completati con successo in Russia i test con prova a fuoco del dimostratore del MIRA, il nuovo motore spaziale che utilizza propellenti liquidi eco-compatibili
03.07.2014
Testo dell’articolo
MIRA è un nuovo innovativo motore ad ossigeno e metano, ha una spinta pari a 7,5 tonnellate e una capacità di effettuare accensioni multiple. Nel corso della campagna di test a fuoco, iniziata lo scorso maggio, il motore ha raggiunto pienamente gli obiettivi di progetto prefissati. È stata inoltre testata, attraverso la verifica delle funzionalità, la turbo pompa metano e la piastra di iniezione sviluppati da AVIO per la propulsione liquida ad ossigeno-metano. Il motore è stato progettato per l’uso di propellenti ecologici come l’ossigeno liquido e il gas naturale liquefatto (LNG) e permette di ottenere, oltre a una minore complessità del ciclo termodinamico e minori costi di fabbricazione, anche un miglior bilancio di spesa energetica globale. La conclusione della campagna di fuoco, realizzata attraverso la prestigiosa collaborazione internazionale italo-russa, può essere considerata una pietra miliare nello sviluppo della propulsione liquida ad ossigeno-metano per applicazioni spaziali.
Come già indicato nei piani futuri dell’European Space Agency (ESA), il motore MIRA è stato progettato per equipaggiare il terzo stadio a liquido di una nuova versione potenziata del lanciatore spaziale VEGA, di cui AVIO – attraverso la controllata ELV – sta già sviluppando la nuova evoluzione. VEGA è il lanciatore italiano di ultima generazione studiato per portare in bassa orbita (a circa 700 km dalla terra) satelliti per uso istituzionale e scientifico, per l’osservazione del pianeta e dell’ambiente. Sviluppato da AVIO nell’ambito del programma spaziale europeo e realizzato per il 65% nello stabilimento di Colleferro, nell’attuale configurazione è in grado di mettere in orbita satelliti di massa fino a 1.500 Kg completando la famiglia dei lanciatori europei.
Testo redatto su fonte AVIO S.p.A. del 2 luglio 2014
Image credit: AVIO
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LANCIATORI SPAZIALI
Il lanciatore Vega entra ufficialmente nel mercato commerciale: grazie all’ASI e alle industrie italiane, UE ed ESA avranno un accesso vantaggioso allo Spazio
01.05.2014
Testo dell’articolo
Il satellite, del peso di 900 kg, sarà rilasciato in orbita sunsincrona a circa 750 km di quota. Una volta operativo, il satellite fornirà immagini multispettrali ed in pancromia ad alta risoluzione dell’intero pianeta, che potranno essere utilizzate per un gran numero di applicazioni civili, quali il monitoraggio delle risorse naturali ed agricole, la mappatura dei territori, il monitoraggio ambientale, il supporto alla gestione delle catastrofi naturali, la sorveglianza del territorio. Il satellite sarà gestito direttamente da operatori kazakhi, che sono stati appositamente addestrati dal personale della Airbus.
Con questa missione, si percorrerà inoltre un ulteriore passo verso la qualifica cosiddetta ‘multimissione’ del nuovo software di guida, denominato FPS-A, sviluppato interamente in Italia sotto la guida del sistemista ELV, la società italiana partecipata dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), già responsabile dello sviluppo dell’intero lanciatore Vega.
Testo redatto su fonte ASI del 28 aprile 2014
Image credit: ESA
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ABITARE LO SPAZIO
La Stazione Spaziale Internazionale compie 15 anni: un percorso di grandi successi ottenuti grazie anche alla tecnologia e all’industria aerospaziale italiana
21.11.2013
Testo dell’articolo
La Stazione Spaziale Internazionale è stata costruita pezzo per pezzo nello spazio, si compone di moduli e nodi di collegamento contenenti alloggi e laboratori, oltre a elementi esterni per il supporto strutturale e la sperimentazione nello spazio esterno, e pannelli solari che forniscono energia. La ISS è un laboratorio scientifico unico al mondo per le sue due fondamentali condizioni sperimentali: l’ambiente di microgravità e la presenza umana. L’assemblaggio completo della Stazione ha richiesto più di 40 missioni.
“La storia della Stazione Spaziale Internazionale è un esempio – ricorda il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Enrico Saggese – di grande impegno dell’uomo in un campo di elevata tecnologia. L’Italia ha contribuito a questa importante realizzazione con un coinvolgimento che ci vede attori di primo piano. La nostra è una partecipazione ad ampio raggio: realizzazioni industriali di eccellenza tecnologica, esperimenti e astronauti. Questo anniversario arriva a pochi giorni dal rientro di Luca Parmitano, che ha concluso la prima missione di lunga durata dell’ASI. In questi mesi Parmitano ha rappresentato l’elemento di punta di quello che il nostro Paese ha saputo e sa fare in campo spaziale. Con la prossima missione sulla ISS, che vedrà il coinvolgimento della prima italiana nello Spazio, Samantha Cristoforetti, confermeremo ancor di più questo risultato”.
Il primo modulo, il modulo russo Zarya, è stato lanciato nel 1998 e due mesi dopo il modulo americano Unity si agganciava a Zarya avviando la costruzione in orbita del più complesso sistema spaziale abitato; l’ultimo è stato l’italiano Permanent Multipurpose Module Leonardo, nel 2011. È previsto un altro modulo pressurizzato da collegare alla Stazione nel 2014, il russo Nauka Multipurpose Laboratory Module. L’idea di costruire una “stazione spaziale con equipaggio permanente” risale già al 1984, quando il presidente USA, Ronald Reagan, lanciò la proposta di una cooperazione internazionale per dare vita a questo ambizioso progetto. L’anno successivo, Giappone, Europa e Canada decidono di partecipare al programma. Nel 1988 viene avviata la fase di sviluppo con la firma del primo accordo intergovernativo tra Stati Uniti, Giappone, Canada e 9 paesi europei Stati membri dell’ESA.
Nel 1993 si unisce al progetto anche la Russia, facendo della ISS l’esempio della prima grande pacifica forma di collaborazione mondiale. Passano cinque anni e un secondo accordo intergovernativo tra USA, Giappone, Canada, 11 paesi europei Stati membri dell’ESA e la Federazione Russa, apre la strada al lancio da parte russa del primo modulo Zarya e da parte statunitense del primo nodo, Unity. Dal novembre del 2000 la ISS ha iniziato ad ospitare i suoi primi “inquilini” che la occuperanno almeno fino al 2020. La vera e propria ricerca scientifica prende inizio nel 2001, con il lancio del modulo statunitense Destiny Laboratory e di Leonardo, il primo modulo di supporto logistico per la stazione, MPLM – Multi-Purpose Logistics Module, sviluppato dall’Italia, trasportati fino alla ISS nella stiva dello Shuttle. Con Leonardo l’Italia è così diventata la terza nazione, dopo Russia e Stati Uniti, ad inviare in orbita un elemento della ISS. È la volta poi del Nodo 2 “Harmony” di costruzione italiana e successivamente del modulo europeo Columbus. Negli ultimi anni l’Italia ha consolidato sempre di più la sua presenza sulla Stazione Spaziale, con il Nodo 3 “Tranquillity” e la Cupola nel 2010 e con il PMM-Permanent Multipurpose Module Leonardo che dopo numerosi viaggi diviene elemento permanente nel 2011.
La ISS è aperta a tutti i ricercatori degli Stati partecipanti impegnati a studiare gli effetti che l’assenza di gravità ha sugli esseri umani e sui fenomeni naturali. Acquisire conoscenze su tali processi aiuta a preparare i futuri scenari di esplorazione umana nello spazio profondo e le missioni di lunga durata, e a progettare innovazioni scientifiche e tecnologiche per migliorare la qualità della vita sulla Terra, dalla salute alla tutela dell’ambiente, dalla produzione e gestione dell’energia a nuovi prodotti e processi industriali.
L’Italia ha realizzato circa metà della parte abitativa della Stazione; è nel nostro Paese infatti che sono stati costruiti i Nodi 2 e 3, la unica e ineguagliabile Cupola, il PMM Leonardo, derivato modificando il modulo logistico per renderlo adatto alla permanenza in orbita, e poi le strutture del laboratorio ESA Columbus, il modulo di trasporto delle navette ATV. Tutto nasce da un accordo bilaterale tra ASI e NASA stipulato il 9 ottobre 1997, il Memorandum of Understanding (MoU) in base al quale l’ASI ha fornito all’ente spaziale statunitense i tre moduli pressurizzati abitativi (MPLM – Multi Purpose Pressurized Module), uno dei quali è successivamente diventato il PMM (Permanent Multi Purpose Module) per la ISS. L’Italia inoltre è stata tra i primi Paesi europei ad aderire agli accordi intergovernativi di cooperazione per la realizzazione della ISS, e tra i principali Stati partecipanti ai programmi ESA di sviluppo e utilizzo del contributo europeo alla ISS.
Grazie all’esperienza di questa attività, l’industria italiana è protagonista anche nella realizzazione dei moduli cargo della navicella di rifornimento della ISS Cygnus, sistema di trasporto commerciale dell’azienda american Orbital Sciences.
In occasione del 15° anniversario della Stazione Spaziale Internazionale, la NASA ha organizzato una celebrazione allo Space Center di Houston: l’evento è aperto a chiunque voglia ripercorrere le tappe iniziali della storia della ISS e incontrare gli astronauti, e a tutti coloro che hanno reso possibile l’impresa con il proprio lavoro. Anche l’Agenzia spaziale russa, la Federal Space Agency – Roscosmos, celebrerà l’anniversario con un evento a Mosca nei primi giorni di dicembre, presso il Khrunichev Space Center.
Testo redatto su fonte ASI del 20 novembre 2013
Image credit: NASA
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SPERIMENTAZIONE AEROSPAZIALE
ENEA: attività di sperimentazione a gravità zero per studiare i fenomeni di ebollizione che si instaurano nei circuiti di raffreddamento di componenti e satelliti spaziali
09.11.2013
Testo dell’articolo
La ricerca sui sistemi di raffreddamento necessari per il buon funzionamento di satelliti e stazioni spaziali in condizioni di assenza di gravità è stata condotta nell’ambito del progetto MANBO, finanziato dall’ESA – Agenzia Spaziale Europea. Insieme all’ENEA partecipano al progetto le Università di Tolosa, Pisa, Darmstadt, Marsiglia, Bruxelles, la École Polytechnique Fédérale di Losanna, e le industrie Astrium, Thales Alenia Space, Hephaestus, Absolute System e Air Liquide.
L’esperimento è stato condotto a bordo di un Airbus A300, un aereo della compagnia francese Novespace, opportunamente modificato per l’esecuzione di voli parabolici (per un totale di 90 parabole effettuate, 30 al giorno per 3 giorni), che opera sui cieli delle Francia con base di partenza a Bordeaux. Questa campagna sperimentale, che riprende e sviluppa gli studi sui fenomeni dell’ebollizione in assenza di gravità già effettuati dall’ENEA nelle precedenti campagne sperimentali, (cinque campagne di voli parabolici effettuati dal 2004 al 2008), si pone l’obiettivo di analizzare i dati relativi alla quantità di calore che viene trasferito in ebollizione in condizioni di assenza di gravità, ottenendo risultati determinanti per la progettazione di scambiatori di calore nelle stesse condizioni di assenza di gravità.
In ciascuna parabola, la durata delle condizioni di assenza di gravità è stata di circa 20 secondi, nel corso dei quali è stato possibile raccogliere i dati sperimentali grazie ad una innovativa strumentazione hi-tech dell’ENEA. Attraverso queste apparecchiature, dotate di sistemi di automazione e sensori miniaturizzati avanzati, nonché di telecamere veloci, sono stati analizzati i fenomeni di ebollizione che si instaurano nei circuiti di raffreddamento di componenti e satelliti spaziali caratterizzati da elevati carichi termici che è necessario rimuovere per evitare indesiderati surriscaldamenti locali. Lo studio dell’effetto del livello della gravità sui fenomeni di ebollizione permetterà un avanzamento tecnologico nella capacità di progettazione di scambiatori per applicazioni sia spaziali, come satelliti per telecomunicazione, stazione spaziale internazionale, razzi vettori a combustibile liquido, dove è richiesto lo smaltimento di elevati carichi termici, sia per applicazioni terrestri nel campo del raffreddamento di vari componenti elettronici.
Per questi studi vengono utilizzati tubi in pyrex di dimensioni millimetriche, trattati con uno speciale rivestimento metallico di ITO (Indium-Tin-Oxide, ossido di Indio e Stagno), di spessore nanometrico, che consente sia di generare il riscaldamento del fluido portandolo all’ebollizione, sia di studiarne il fenomeno visualizzabile all’interno del tubo. A seguito dell’elaborazione dei risultati di questa campagna sperimentale di volo parabolico, ne è prevista un’altra nell’autunno 2014.
Testo redatto su fonte ENEA del 7 novembre 2013
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